10 novembre 2022. Nicolai è stato sempre in maglietta. Dice che non fa freddo. Lo ha detto anche sul Chimborazo, a 5 mila metri, mentre noi infagottati in maglioni e piumini iniziavamo la nostra scalata.
E’ il nostro cineoperatore ecuadoriano. Ci volevo parlare da giorni. Perché ci ha accompagnato silenziosamente – e sempre con un sorriso – durante tutto il nostro viaggio. Gentile, anzi gentilissimo. Ieri a Baños ha comprato canne da zucchero per tutti. Scrupoloso, attento. Professionale. Non so perché dovrebbe suonare strano ma è così. Super professionale.

Nicolai è di Quito. Vive con i genitori e il fratello più piccolo. Ha studiato all’Università cinema e televisione. I genitori hanno mandato a scuola i due figli. Poi la crisi. Papà, direttore commerciale, perde il lavoro. Poi anche la mamma, che lavorava in una società di IT. Sono i ragazzi che cominciano a supportare i genitori. Studiano e lavorano. Lui mette su una società di audiovideo. Lavora con Elizabeth, la fidanzata, l’ha conosciuta all’Università, è più grande di lui di una decina di anni. “Io sono feliz. Lavoro, gioco a calcetto, ho un cane e un gatto. Posso aiutare i miei genitori”.

Ma non è proprio così. Mi dice che non metterà al mondo figli. Perlomeno in questo mondo. La situazione in Ecuador è complessa. Quella economica. Quella sanitaria. La classe media si sta impoverendo. Aveva pensato di emigrare. Negli Stati Uniti, ovviamente, il sogno di tutti questi ragazzi. Ma non gli hanno concesso il visto. Voleva andare a lavorare a Hollywood. Lui ama il suo lavoro. Ama il cinema in particolare. Gli chiedo quale sia il suo film preferito. “The city of God: è un film brasiliano, la storia parallela di due giovani, un aspirante fotografo e un trafficante di droga, nella favela di Rio de Janeiro”. Ci siamo capiti.

Zumbahua

Nel frattempo abbiamo lasciato Baños. Ci dirigiamo verso Zumbahua, nella provincia del Cotopaxi (qui in Ecuador le province prendono quasi tutte il nome dei vulcani vicini). Lungo la strada vendono il maialino d’india arrostito, il cuy asado. Tra tutte le cose che abbiamo mangiato in questi giorni il cuy ci manca. Bene così.
Incontriamo tanti, tantissimi cani randagi. Proprio lungo le strade. Io ce l’ho un cane. Ho un dubbio sin dal primo giorno: che questi cani ecuadoriani siano più intelligenti? Corrono a destra e sinistra senza mai attraversare. E sono tanti. Il Paese ne è pieno.

L’ingresso della cittadina di Zumbahua, provincia del Cotopaxi

Superiamo piccoli villaggi. Producono cipolle. Lavorano l’orzo. Sono “zone di rifugio” dice Bepi. Quando arrivarono gli Spagnoli si stabilirono nelle terre migliori, quelle a fondo valle. Gli indigeni più in alto. Dove si viveva peggio. Freddo. Mancanza d’acqua. Povertà. Qui i volontari dell’Operazione Mato Grosso vivono con le comunità da tempo. Hanno costruito un ospedale, un Collegio per ragazze, una casa per bambini orfani. “Juntos por un Pujilí sin violencia” si legge all’ingresso di Zumbahua. Ad accoglierci una volontaria, Maria, una giovanissima piemontese. E Il parroco, Battista. Padre Batti. 53 anni, brianzolo, bello come il sole, è arrivato qui nel ’90. A lui lasciamo le ultime cose che abbiamo portato dall’Italia. Ancora vestiti per i bambini e per le ragazze.

Padre Battista dell’operazione Mato Grosso insieme al direttore generale di Federcasse, Sergio Gatti.
Mostrano la Bibbia in lingua quechua tradotta da un salesiano italiano, don Antonio Bresciani (Padre Tone).

Battista ricorda Padre “Tone”. Don Antonio Bresciani, missionario salesiano arrivato in Ecuador per l’Operazione Mato Grosso, parroco di questa stessa chiesa per più di venti anni. Fu lui il primo a tradurre la Bibbia in lingua quechua. Padre Tone è uno di quegli uomini – li abbiamo incontrati anche nei giorni scorsi – che hanno scelto. Di stare qui. Di stare con i poveri. Di amare i poveri. “Essere buono e semplice come Gesù. Un figlio umile e ubbidiente (dice Bepi: “qui, in queste condizioni, è impossibile resistere senza qualcosa di più della professione. Senza la fede”)”. Ricorda Battista: “Quando arrivai non ero convinto, non credevo di farcela. Non ero ancora prete. Padre Tone mi regalò un rosario. E io oggi sono qui. Gesù non mi ha mandato nessun messaggio, non mi ha chiamato. Ma io ho incontrato i poveri”. Padre Tone muore nel 1997. Aveva un pollice bucato. Era il pollice del rosario. “Padre Tone non avrà cambiato il mondo ma ha amato per tutta la vita i suoi poveri”.

Padre Batti deve scappare. C’è il funerale di una bambina della comunità morta di meningite. Uscendo saluto: “Grande Maria!”. “Sì, scema Maria!” risponde. Ridendo.
Ecco, forse è questo. C’è turbamento e commozione quando lasciamo la parrocchia. Per la forza di queste scelte di vita. Ma anche per la loro semplicità. L’umiltà. Per lo spirito. Come se queste persone facessero qualcosa che tutti noi avremmo potuto fare. Forse ognuno di noi si chiede se, in fondo, sarebbe stato in grado. E, forse, la risposta è no. La mia, perlomeno.

La Laguna di Quilotoa e San Miguel De Sigchos

Una tappa alla Laguna di Quilotoa e ci dirigiamo alla cooperativa di Ahorro y Credito di San Miguel de Sigchos. Il paese delle zucche. La cooperativa è a fianco della farmacia del paese. Everaldo Arguello è il direttore. Un uomo. Pare una rara eccezione. A questo punto ci rimango un po’ male. Il papà, Pompilio, è il fondatore della cooperativa bancaria. “Siamo da poco entrati nel segmento 3, quello delle banche cooperative tra 5 milioni e 20 milioni di dollari di crediti. Siamo quasi arrivati ai 6 milioni di dollari. Ma l’obiettivo è quello di raggiugerne 9″. Tasso di sofferenza basso: 3,39%. Coefficiente patrimoniale del 20%.

“Financiamiento sostenibile, ambiental y socialmente inclusivo”. A ogni prestito la Cooperativa bancaria regala due pulcini e una pianta di limoni. Chi riesce ad allevare il pollo più grande entro un certo numero di giorni, riceve in premio altri 50 pulcini. Un’altra piccola impresa che può svilupparsi. “Non è sufficiente il credito – dice Hiralda Jacome, la responsabile amministrativa della Cooperativa, una bella donna dai capelli lunghi e il piglio deciso – perché noi vogliamo assicurare alle imprese assistenza tecnica e una forma di accompagnamento”. Hiralda parla di Basilea 1 e Basilea 2 nei modi professionali, precisi e concreti che solo le donne in questi giorni ci hanno dimostrato di avere.

L’incontro presso la cooperativa di **Ahorro y Credito di San Miguel de Sigchos**.

Ci regalano il vino di mirtillo, la produzione è locale. La sostengono con crediti agli agricoltori.

Verso Quito, prima di immetterci sulla panamericana, ci aspettano le curve. Lo strapiombo alla nostra sinistra. Le frane che interrompono la strada. Non ci sarebbero le condizioni, ma io sono seduta davanti sul pullman che attraversa questo “grand canyon” andino e mi godo un panorama mozzafiato.

Il diario della quinta giornata di viaggio: Baños

Il diario della settima giornata di viaggio: Quito. XIII Incontro Ecuador – Italia

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