7 novembre 2022. Oggi si parte da Quito. A passo d’uomo, molto lentamente. Il traffico ricorda decisamente esperienze quotidiane. Per lo meno a noi romani. “Siamo sul Grande Raccordo Anulare”. Lo dice Bepi, non lo dico io. Oggi è anche un giorno lavorativo dopo i quattro giorni di festività ecuadoriana per celebrare e festeggiare i morti.

Ci immettiamo sulla panamericana. In mezzo a nuvole bianche, alla nostra sinistra, la cima del Cotopaxi. E’ la seconda montagna più alta dell’Ecuador dopo il Chimborazo. Sembra una cartolina giapponese. Il Cotopaxi da qualche anno è in attività. Non sono solo emissioni di gas. Sono a rischio per lo scioglimento dei ghiacciai e per lo straripamento dei fiumi ampi territori fino a Quito stessa. Una vera e propria spada di Damocle per i campesinos della provincia.

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Ci fermiamo lungo la strada ad aspettare Claudia Navarrete, capo filiale Codesarrollo di Latacunga. La seguiamo nella sua macchina rossa fino alla cooperativa Pucarà di Pastocalle. In lingua quechua, Pucarà vuol dire “fortezza”. Doveva essere un posto di difesa degli Incas e della popolazione pre incaica.

La cooperativa è un piccolo caseificio fuori dal paese. Ad accoglierci fuori Jose Pilar e il suo cappello di tela marrone. Per la verità Jose indossa due “cappelli”, perché è il gerente (direttore) della Cooperativa de Ahorro y Credito della zona e amministratore del caseificio. Trasformano il latte prodotto da 30 famiglie. E’ una comunità indigena che si è messa in moto nella produzione di latte – circa 600 litri al giorno – e nella sua trasformazione in prodotti caseari. Qui gli indigeni rappresentano la maggior parte della popolazione. Una popolazione fino a pochi anni fa povera, molto povera. Consegnavano il latte alle grandi imprese. Poi la decisione di produrre e trasformare in proprio, attraverso l’aiuto del FEPP e della Cassa Rurale che concede prestiti ai contadini per comprare gli animali. Le famiglie partecipano alla cooperativa.

C’è un senso diverso nell’impegno e nel coinvolgimento. E nel sentimento forte di contribuire a portare avanti un progetto comunitario. Rimangono problemi nella commercializzazione. Servono altri macchinari per lavorare il latte. E il latte prodotto dovrebbe essere incrementato. Lo hanno chiamato Pastolac.

Jose cambia cappello e ci conduce nella vicina Cassa, nata 14 anni fa. Sono in 8, tutte donne tranne Jose. Sembrano giovanissime. Quattro di loro si presentano: la presidente del collegio di vigilanza, la ragioniera, la responsabile dell’operatività e la responsabile dell’area crediti.

La Cassa è nel segmento 4 come tutte le Casse con un attivo tra 1 milione e 4 milioni. Un’unica sede. 1800 soci, il 65% donne. Quattro milioni e 50 mila di attivo, 530 mila di capitale sociale, 3 milioni e trecentomila di portafoglio. “L’idea della cooperativa de Ahorro y credito si fa strada nel 2000 e nasce perché i contadini non ottenevano credito presso le grandi banche. All’epoca abbiamo cominciato con piccole casse di raccolta familiari.

I primi soci furono 25 donne. Quattordici anni fa nasce la Cooperativa grazie all’aiuto di Codesarrollo”. Nelle province – per crescere – stanno sviluppando le reti che prevedono anche scambio di risorse per necessità. Qui gli indigeni stanno muovendosi per organizzarsi. Per incidere. E l’emigrazione è diminuita, è stato interrotto il flusso continuo verso le città dove le ragazze andavano a fare le colf. In situazioni umane ed economiche di grave degrado. Le cose stanno cambiando. “E per la fine del 2023 – dice Jose – speriamo di passare al segmento 3”.

Proseguiamo verso Santa Rosa. Broccoli coltivati a destra e a sinistra della strada. Un nuovo tipo di esportazione. La caserma dei paracadutisti. Dice Bepi che all’entrata e all’uscita di ogni città c’è una caserma delle forze armate. Per mantenere l’ordine interno, non per difendersi da nemici esterni. “Mantenere lo status quo è la vera funzione delle forze armate nell’America Latina”.

Il carcere di Latacunga. Tutte le carceri ecuadoriane sono sotto il controllo delle bande di narcotrafficanti. Nell’ultimo anno ci sono state circa 400 morti violente. Il Governo non è più in grado di mantenere ordine e sicurezza.

A pranzo incontriamo Peppo Piovanello, bresciano, partito dall’Italia con l’operazione Mato Grosso più di 40 anni fa con Adriana, la moglie. Peppo è del ‘48, ha una barba lunga e bianca e l’entusiasmo – si può dire o pare riduttivo? – di un ex sessantottino. Poco ex a dir la verità. Nella Scuola San Nicolas, sperduta a 3.200 metri sulle Ande tra il Cotopaxi e il Tungurahua, vengono accolti i bambini e i ragazzi fra i più poveri della zona per offrire loro una concreta opportunità di riscatto. L’arte dell’intaglio e della falegnameria. Oggi la scuola è in difficoltà. Lo dice Peppo senza mezzi termini: “Oltre alla povertà materiale dobbiamo combattere la povertà spirituale. I nostri ragazzi sono cambiati, il cosiddetto progresso li ha confusi. Non vogliono più essere e fare i campesinos”. La crisi economica e la pandemia hanno fatto il resto: quest’anno non hanno preso ragazzi nella scuola, Peppo e la moglie si dedicano a vecchietti – così li chiama lui – e a ragazze madri. L’ospedale non passa più nulla, neanche il paracetamolo, ed è un dramma per i più poveri.

Percorriamo ancora l’Avenida del los vulcanos. A sinistra il Tungurahua, attivo dal 1999. Ora si sta lentamente raffreddando. Stiamo per arrivare alla cooperativa Sumak Sisa di Santarosa, la seconda cooperativa che visiteremo oggi. La provincia di Tungurahua non è una provincia di povertà estrema. Quelle le visiteremo domani.

La sede della cooperativa Sisa è molta molto piccola, su strada. Facciamo la fila per entrare. Ci accolgono le donne, ancora donne, vestite con i vestiti tradizionali. Sono loro a gestire la Cassa. Ci portano poco lontano. Hanno preparato una sala per convegni, ci offrono cibi e bibite, c’è un gruppo musicale, il posto è bellissimo, si affitta per matrimoni principalmente, c’è anche un’arena per tori e uno spazio esterno da allestire con fiori e tensostrutture con alberi da frutto. Cecilia Sisa è la gerente della cooperativa fondata nel 2011 da nove donne e sei uomini.

Lavorano soprattutto dando credito a gruppi di donne – ancora donne! – che allevano cujos (i porcellini d’india) e conigli o mettono su piccole imprese di commercializzazione. “Grazie a Codesarrollo – dice Cecilia – abbiamo cominciato ad alzare i volumi dei prestiti a queste donne e stiamo arrivando anche in zone più lontane nelle campagne, dove le grandi banche non arrivano”. 9 agenzie e 25 mila soci. 30 milioni di dollari di attivo. 3 milioni e 800 mila di patrimonio. La liquidità del 22% e la sofferenza del 2,4%. Una cooperativa di segmento due.

A fianco a Cecilia, altre due donne. Una è la direttrice della Cooperativa de Ahorro y Credito Financredit, Marta Ainaguano. L’altra è la responsabile della filiale di Codesarrollo di Ambato, Maria Teresa Holguin.

Anche la cooperativa Financredit, con sede principale ad Ambato, è gestita prevalentemente da donne. E anche questa Cassa nasce undici anni fa dal bisogno delle donne di ricevere microcredito. E’ una cooperativa di segmento 3, con un attivo di 10 milioni e mezzo, un patrimonio di 1 milione e 900 mila dollari. Perché l’80% del portafoglio è delle donne? “Perché le donne – ci dice Marta – sono più responsabili. Non sono morose. Hanno bisogno di crescere”. L’agenzia di Maria Teresa è quella delle 20 filiali di Codesarrollo con la percentuale più alta di credito alle cooperative rispetto al microcredito. “Maria Teresa ha capito – lo dice Tonello – che è più remunerativo fare credito alle cooperative con un tasso di interesse inferiore piuttosto che fare microcredito a tassi maggiori. Le cooperative non causano sofferenze. E permettono al territorio di svilupparsi”.

Non si può dire che le donne non abbiano fatto la parte da leone in questa giornata. Messa così, sembrano loro il motore dello sviluppo economico di questo Paese. O perlomeno delle comunità indigene che stiamo visitando. Un credito rosa, una propensione al risparmio tutta femminile. Una forza di volontà che non abbiamo trovato negli occhi di nessun altro.

La giornata non è terminata. Ci saranno i balli, i regali, le canzoni degli Inti-Illimani cantate a squarciagola da Bepi. Facciamo tardissimo. Dobbiamo dirigerci ad Ambato per la notte.

Il diario della seconda giornata di viaggio: Quito

Il diario della quarta giornata di viaggio: Chimborazo e Salinas.

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