11 novembre. E siamo arrivati al giorno del convegno. Anzi, dell’“encuentro”. Il tredicesimo incontro Ecuador-Italia “Finanza solidale per uno sviluppo umano sostenibile”. Oggi – mai come oggi – percepisco il cambiamento avvenuto in questo Paese in questi ultimi vent’anni. Nel 2002 ero qui, a Quito, per il primo incontro. Era un mondo diverso, il percorso della finanza popolare era appena iniziato. Volti, espressioni, atteggiamenti dei campesinos di allora erano lontanissimi dal mondo europeo che noi conoscevamo. Non è proprio così oggi. I campesinos hanno raggiunto consapevolezze diverse. Che si riflettono sui loro volti, sul modo di vestire, anche sul modo di salutare e di salutarci. La fierezza della tradizione rimane. L’orgoglio, l’entusiasmo, la fiducia sono gli stessi che ricordo. Anzi, sono cresciuti. Perché il sistema di finanza popolare ha funzionato. Sta funzionando. A distanza di venti anni si colgono, in questi cambiamenti, i risultati straordinari ottenuti per costruire un’economia del buen vivir. Forse impensabili nel 2002.

Quito, 11 novembre. Una panoramica della sala del XIII Incontro “Ecuador – Italia”.

“La persona in primo luogo”. “Le storie di persone che sono cresciute in umanità”. “Finanza con essenza ambientale”. Questi i panel dell’incontro. Con tante, tantissime donne. Sono quasi sempre loro le protagoniste delle organizzazioni popolari e delle cooperative di finanza popolare. Donna è anche l’ambasciatrice italiana, Caterina Bertolini. Donna la rappresentante della Sovrintendenza di Economia Popolare Solidale, Margarita Hernandez. Sul palco, le storie di Gabriela, la presidente di Producampo (Carchi). Di Rosa, la direttrice della Cooperativa de Ahorro y Credito Ichubamba (Cebadas, Chimborazo): “Grazie per avermi definita dottoressa, ma io ho fatto solo la scuola primaria”. Di Lery, direttrice della Cooperativa de Ahorro y Credito Salinerita (Imbabura), l’unica nera in Refider. “E io sono molto orgogliosa del mio colore”. Di Bernarda, la presidente della Caja de Ahorro El Manizal (Loja): “Non sono laureata, sono una signora campesina casalinga che ha combattuto l’usura nella sua comunità mettendo in piedi una cooperativa di risparmio”. “La finanza popolare – dice – ha permesso l’accesso al credito dei nostri campesinos”; Angelita Viñansaca, del Centro Bordados Cuenza (Azuay), 32 donne che producono tessuti artigianali e ricami fatti a mano.

Il tavolo della Presidenza. Quarta da sinistra l’Ambasciatrice italiana a Quito Caterina Bertolini. Al centro, il Presidente del FEPP Mons. Herrera, il Presidente di Federcasse Augusto dell’Erba e il Presidente di Codesarrollo Bepi Tonello.

E poi ci sono il il Gruppo Sociale FEPP e Codesarrollo. L’espressione più sentita durante questo incontro è “grazie don Bepi”. E l’Italia, il Credito Cooperativo italiano. Federcasse e la Fondazione Tertio Millennio. A testimoniare, sul palco, due BCC: Cassa Padana e Emilbanca. Stefano Boffini e Giuliana Braido parlano insieme di amicizia e reciprocità. Legami di fiducia generatori di straordinarie idee. “E noi in questi venti anni – dice Giuliana della banca bolognese – ci siamo fatti un po’ più ricchi in umanità”.

Oggi, a distanza di 20 anni dalla prima firma dell’accordo di collaborazione tra il Credito Cooperativo italiano e Codesarrollo, si rinnova l’impegno assunto. Un percorso comune di cooperazione finanziaria trasformativa, in grado di generare valore nelle comunità e di redistribuirlo nelle comunità. Di generare dialogo, cultura e accrescimento reciproco. Questo il senso profondo di questo cammino insieme. Sancito dalla firma da parte di Augusto dell’Erba e Sergio Gatti (presidente e direttore generale di Federcasse); di Alessandro Azzi, presidente della Fondazione Tertio Millennio; di Bepi Tonello e Geovanny Cardoso (presidente e direttore di Codesarrollo); di Luis Hinojosa, vice presidente di Codesarrollo e direttore del Gruppo Sociale FEPP.

“Questi venti anni di lavoro comune raccontano una grande storia fatta di piccoli passi, di alberi piantati, di scuole costruite o di nuovo utilizzabili, di microprestiti comunitari, di terreni riscattati e di nuovi modi di convivere con la natura. Una storia di riduzione delle diseguaglianze, di creazione di lavoro e di imprenditoria, di miglioramento delle produzioni, di donne e giovani che possono realizzare le loro idee. Di cooperazione. Sono storie di grandi rivoluzioni, che grazie al risparmio e al lavoro diventano fiducia. Così la dignità di un credito arriva a dare senso alla vita di centinaia di migliaia di persone”.

Così recita la nuova Alleanza di Quito 2022. Bepi conclude. E’ commosso. Non l’ho mai visto così. Ha il calore di tutti. L’affetto del Gruppo Sociale Fepp e di Codesarrollo. E’ nato tutto da lui. Da quel giovane seminarista salesiano che approdò in Ecuador con l’Operazione Mato Grosso e che qui ha conosciuto la sua Teresa. 50 anni di vita insieme, a gennaio festeggeranno l’anniversario. Teresa mi ha raccontato come si sono conosciuti. Oggi è una splendida signora quiteña con tre figli e cinque nipoti. All’epoca lei faceva tirocinio in comunità con padre Antonio Polo dopo i quattro anni universitari per diventare assistente sociale. Bepi era appena arrivato dall’Italia. Fu padre Antonio a farli conoscere.

Il Presidente di Federcasse Augusto dell’Erba firma la “Alleanza di Quito” .
A sinistra, il Presidente della Fondazione Tertio Millennio, Alessandro Azzi.

“Grazie don Bepi”. Il convegno è finito. Quasi. Sul palco ora si canta. Italiani ed ecuadoriani. Ci scambiamo doni, regali ed abbracci. Ma l’ultima parola è la sua: “Non mi abituerò mai alla povertà. Mi fa male. Oggi qui abbiamo parlato di dignità delle persone, della nostra gente. Perché non basta parlare di finanza. Personalmente sento la necessità di spiritualità e credo che se sentissimo tutti questa necessità cambierebbe la nostra relazione con il prossimo. Insieme alla gratitudine per tutti voi, compañeros italiani ed ecuadoriani, vorrei ringraziare Dio. Non per questo giorno ma per la vita piena che ci ha regalato”.

Credo sia sufficiente per dare il senso di tutto. Non aggiungo altro. E’ tempo di partire. Domani si torna in Italia.

N.B. Cose che non sapevo e che ho imparato. In Ecuador il pane è dolciastro, si mangia per lo più a colazione. Se dall’Italia si mandano pacchi, per il ritiro gli ecuadoriani pagano più di 12 dollari al chilo, un furto (Bepi dice: “Qui non si vuole bene ai poveri”). I lama mangiano il sale, ne ho documentazione fotografica. Noi italiani quando salutiamo baciamo le guance a destra e a sinistra. Gli ecuadoriani solo una volta, e a sinistra. E non si baciano tra uomini. Un tempo le campesine che non riuscivano a partorire venivano adagiate su una manteada, una sorta di poncho, e lanciate in aria più volte. Così, o partorivano o morivano. “Que Dios les pague”. Che Dio vi ripaghi. Non c’è stato un campesino che non ci abbia salutato così. Francamente, che Dio ripaghi voi.

Il diario della sesta giornata di viaggio: Zumbahua, Quilotoa, San Miguel De Sigchos

Il diario della ottava e ultima giornata. Epilogo.

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