Settembre 2021

Santina e Floro assistono alla distruzione di Pieve Santo Stefano in Valtiberina, nel lontano 1944. Dopo più di 70 anni, Caterina raccoglie il testimone con il diario delle sue memorie, quelle di un’altra battaglia che ha un lieto fine e sa guardare al futuro.

Un luogo carico di storia è un posto polveroso, a volte austero, che ha stratificato su di sé i passaggi di chi lo ha vissuto. Parla attraverso i suoi scorci, le testimonianze di un tempo passato, che si è adattato alla convivenza con i ritmi della modernità, che fuggono sempre più veloci.

A Pieve Santo Stefano però, lo scorrere del tempo non lo si può leggere sulle facciate di antichi palazzi, perché non esistono più da oltre 70 anni. La guerra qui è passata come uno tsunami a spazzare via un intero paese, che non ha più quel volto rugoso che ci si aspetta di trovare in Valtiberina, come nelle vicine Anghiari o Sansepolcro.

La memoria di un luogo

Eppure, qui la storia ci è passata davvero, ha affrontato il vuoto ed ha trovato dimora nella memoria.
Santina e Florindo, di 90 e 97 anni, sono la testimonianza vivente di quel tempo che fu a Pieve, quello che oggi possiamo conoscere solo attraverso le fotografie e i racconti lontani.

Qui la storia ci è passata davvero, ha affrontato il vuoto ed ha trovato dimora nella memoria

Floro, com’è chiamato Florindo dai suoi compaesani, è poco più che un ragazzo all’epoca della guerra e la sua vita pare quasi volgere al termine davanti a tanta distruzione. “È la fine”, dice senza un filo di speranza, tutto è stato cancellato e anche i legami fraterni con gli amici di infanzia, sembrano spezzarsi di fronte all’ineluttabilità della guerra che divide “i buoni dai cattivi”. L’incontro fortuito con Santina però, gli fa dire con sicurezza che i suoi prossimi 70 anni saranno al suo fianco, anche se le parole giungono inaspettate all’allora fidanzata che gli cinge il braccio.

La ricostruzione è difficile e dolorosa almeno quanto la distruzione del paese.
Santina racconta che ci si arrabatta anche per recuperare il proprio giaciglio, quello che fa sentire di avere ancora un tetto sulla testa, di essere finalmente tornati a casa, dalla propria famiglia. Poi, piano piano vengono ricostruite le case di tutti, con i mattoni che ciascuno pensa di riconoscere come suoi fra le macerie, così come le piazze e la passatoia, che presto diverrà il nuovo ponte sul fiume Tevere.

piccolo museo del diario — Foto di Luigi Burroni

Il paese dei diari

Accanto alla memoria dei centenari ce n’è però un’altra, quella affidata alle pagine di quasi 10.000 diari, custoditi nell’Archivio diaristico nazionale e mostrati in parte nel Museo del Diario di Pieve Santo Stefano. Migliaia di testimonianze di vita vissuta in questo luogo e anche altrove, che insieme tessono un’ordita trama di storie e di sogni, talvolta infranti e a volte esauditi.

Migliaia di testimonianze di vita vissuta in questo luogo e anche altrove

Il Premio, istituito dal giornalista e scrittore Saverio Tutino, che da oltre 37 anni è assegnato ogni anno ad un vincitore, è la testimonianza di questo mondo inedito, spesso celato, di memorie ed epistolari, che consacra Pieve Santo Stefano a paese dei diari.

La rinascita di Caterina

Ed oggi a Pieve, fra le quinte grigie dei nuovi palazzi che hanno restituito un volto alla comunità, s’intravede una presenza colorata, anzi coloratissima.
Lei è Caterina Minni, la finalista della 31esima edizione del Premio, che affida a questo luogo il suo diario, quello della sua rinascita dopo la malattia.

Caterina è una vivace ragazza di 21 anni dai capelli blu, che indossa un vestito rosso come il sipario di un palcoscenico, da cui racconta a sé stessa e agli altri cosa significa combattere con l’anoressia quando si è poco più che bambini.

Le sue parole hanno trovato posto insieme alle altre migliaia di testimonianze autobiografiche custodite nell’archivio

Anche lei natìa della Valtiberina, ritorna in questi luoghi con lo sguardo fiero di chi, come Santina e Floro, ha vinto la sua battaglia e si fa portatrice di un messaggio universale: ritrovare la propria identità.
Qui Caterina intreccia anche forti legami con chi ha saputo accogliere la sua storia. Le sue parole hanno infatti trovato posto insieme alle altre migliaia di testimonianze autobiografiche custodite nell’archivio, per erigere di nuovo quei muri spazzati via e insieme costruirne dei nuovi che abbiano il sapore della riconquista del proprio spazio e della propria identità.
Perché solo chi ha radici solide può volgere lo sguardo al futuro con consapevolezza e fiducia.

BCC Anghiari e Stia Pieve Santo Stefano — BCC di Anghiari e Stia, sede di Pieve Santo Stefano

Le radici di una comunità

Quelle radici che affondano in una comunità fatta non solo di muri, ma di persone come Natalia, Loretta e Luigi, che si adoperano affinché l’Archivio e il Museo siano testimonianza tangibile, insieme a Santina e Floro, di un territorio che ha molto da restituire del suo passato ed è capace di farsi tramite di quello altrui, come di quello di Caterina che lo rivolge al futuro.

La BCC di Anghiari e Stia sostiene il Museo del Diario da oltre 10 anni

Ed è in questo scenario che la BCC di Anghiari e Stia opera e lavora, in un intreccio di relazioni, fiducia e sostegno al Museo del Diario, che fanno di questa comunità un vero e proprio luogo di relazioni e della memoria.

“La Banca di Anghiari e Stia sostiene il Premio Pieve Saverio Tutino dal 2010, perché crede fermamente nel valore della memoria, nel valore della interpretazione del passato attraverso i materiali che riproducono le esperienze vissute e che permettono attraverso l’esperienza di costruire un futuro migliore.

Proprio la memoria è uno degli elementi su cui il Credito Cooperativo basa da sempre il proprio essere, partendo dagli elementi del passato, dalle esperienze vissute, per mantenere e valorizzare l’identità delle comunità in cui le Banche di Credito Cooperativo operano. Solo in questo modo, mantenendo fede alle tradizioni e radici culturali, ma cercando al contempo di attualizzarle per rispondere adeguatamente alle esigenze del nostro tempo, la BCC si propone di creare valore per i territori e per tutti coloro che vi abitano.

La centralità della persona e l’importanza della “relazione”, la capacità di ascoltare ciò che ognuno ha da dire, custodirne le memorie, le esperienze e i saperi per tramandarli alle generazioni future, sono singolari assonanze e punti di contatto tra la Banca e l’Archivio di Pieve Santo Stefano e testimoniano l’attualità e la vitalità del ruolo che queste due istituzioni ricoprono. La memoria è uno dei valori fondamentali, dell’Archivio Diaristico Nazionale come della Banca di Anghiari e Stia Credito Cooperativo.”

Fabio Pecorari, Direttore Generale di BCC Anghiari e Stia

La memoria che costruisce una comunità

Tre storie che si intrecciano in un’unica identità collettiva

Guarda le video interviste

La prossima storia

RisorgiMarche. L’alba di un nuovo inizio

Le BCC a sostegno della popolazione ucraina

Attenzione alle truffe perpetrate a nome di “BCC Federcassa Spa”

Resta aggiornato sul mondo del Credito Cooperativo