Il 6 aprile 2009 alle 3:32 un terremoto di magnitudo 6.3 devasta L’Aquila e l’Abruzzo. Gli Aquilani perdono in un istante i loro cari, il loro centro storico, ma in quello stesso istante, oltre alle case, le attività e i monumenti a rischio c’è l’identità di una intera comunità.

Cosa serve per ricostruire una città? Bastano i mattoni, le gru e il cemento armato o bisogna piuttosto raccogliere i pezzi di identità e pazientemente, ricomporli e incollarli insieme, ricostruire il passato per poter costruire il futuro?

A L’Aquila abbiamo raccolto le voci di chi quel futuro lo sta costruendo, giorno dopo giorno, a partire da quel 6 aprile del 2009. Storie che ruotano intorno a Palazzo Margherita, sede del Comune, cuore pulsante della città che lo scorso 11 dicembre ha ricominciato a battere grazie anche alla solidarietà di migliaia di soci, dipendenti, clienti delle Banche Credito Cooperativo, Casse Rurali, Casse Raiffeisen di tutta Italia.

Didattica dell’emergenza

Ornella Contestabile, originaria di Avezzano ma aquilana d’adozione, quando il terremoto ha ferito al cuore la città era un’insegnante di sostegno in una scuola media. Il suo impegno, avviato nei giorni immediatamente successivi al sisma, è diventato un caso studio replicato in altre zone d’Italia colpite da eventi catastrofici: in Emilia-Romagna, ad Amatrice e nelle Marche.

Il primo pensiero dopo quella notte è stato: c’è gente che sta molto peggio di me.
Io sono viva, la mia famiglia è viva, per cui mi è sembrato naturale rimboccarmi le maniche e dare una mano.

Dare una mano per Ornella significa cercare di entrare in contatto con la maggior parte degli alunni, sparsi nei vari campi di accoglienza, per organizzare attività di supporto per i più piccoli e per i ragazzi che avrebbero dovuto sostenere gli esami di terza media nelle tende.

Nella città c’erano in tutto 36 campi e quello di Piazza d’Armi, il più grande, contava circa 2.000 famiglie.
Oggi Piazza d’Armi è un campo di atletica completamente rinnovato, pieno di ragazzi che si allenano. Si fa fatica a immaginare che, nel 2009, ragazzi della stessa età degli atleti che oggi corrono su questa bella pista azzurra, qui ci vivessero, sistemati nelle tende e che sempre nelle tende frequentassero la scuola.

All’inizio per Ornella si tratta di fare la conta dei superstiti. Molte famiglie poi si sono spostate fuori città, da parenti, perché non avevano più una casa. Ma è subito chiaro che la scuola deve ripartire il prima possibile perché è il luogo dell’incontro, dello stare insieme, del ritrovarsi e condividere esperienze. Andare a scuola significa per i ragazzi riattivare una routine “tranquillizzante”, riappropriarsi dello scorrere del tempo. Può sembrare poco importante ma in un momento così caotico e disgregante la scuola è stata per molti un’ancora di salvezza.

Ornella e i suoi colleghi, in particolare il prof. Vaccarelli, hanno anche avuto un ruolo fondamentale nell’ascolto dei bisogni dei più giovani, diventato poi un prezioso vademecum utile a chi poi si sarebbe trovato in altre situazioni di emergenza. Una vera e propria “didattica dell’emergenza” fondamentale per prevenire disagi e affrontare il trauma che un evento come il sisma, o le più recenti alluvioni, possono provocare.

Dopo un evento come questo, realizzi che sei ancora vivo e ti viene voglia di fare cose che non avevi mai fatto prima. Per esempio, io ho iniziato a cantare. Mio figlio Jacopo con altri giovani ha creato i “Bandierai dei Quattro Quarti”.

Parte della Storia

Jacopo nel 2009 frequenta la Facoltà di Ingegneria a L’Aquila. Dopo il terremoto, con la sua famiglia ha trovato riparo ad Avezzano, a casa di parenti, ma seguendo l’esempio di sua madre, ogni giorno ritorna a L’Aquila per dare una mano. In quei momenti di emergenza, l’Università sparisce per un po’ dai suoi pensieri, ma dopo una pausa cambia Facoltà e finalmente riprende gli studi.

L’Associazione “Bandierai dei Quattro Quarti.”

Con il suo amico di una vita, Luca, condivide anche l’esperienza dell’Erasmus in Spagna. Una bolla di spensieratezza, anche se – presto – Jacopo inizia a non sentirsi più a casa. Il desiderio di tornare a L’Aquila è più forte. Con Luca, si domandano come dare concretezza alla loro passione per il Medioevo e per la Storia della loro città, al tempo stesso creando un momento di aggregazione. Nasce così l’Associazione “Bandierai dei Quattro Quarti.”

Nell’arte della bandiera abbiamo riscoperto non solo una attività divertente e appagante, ma anche una attività per socializzare e che ci dà senso di appartenenza alle origini cittadine.

La storia dei quattro quarti in cui è divisa la città è una storia ancora poco conosciuta in città e inizia per loro un lavoro, non solo di riscoperta ma anche di diffusione nelle scuole. Da autodidatti imparano a sbandierare, a suonare trombe e tamburi, ricreano gli abiti d’epoca e iniziano ad esibirsi in spettacoli cittadini e anche in festival internazionali.

Oggi l’Associazione conta 110 iscritti di tutte le età. Trovare un risvolto positivo nella vicenda del terremoto sembra impossibile ma per Jacopo e Luca, e come per loro per tanti altri aquilani, il terremoto ha risvegliato un senso di appartenenza alla città e alla sua storia. E’ bello pensare che tutto ciò può aver dato a molti la forza per ripartire e per unire le forze nella ricostruzione del tessuto sociale più profondo de L’Aquila.

Per noi è stato ritrovare un pezzo della nostra identità che con il terremoto abbiamo rischiato di perdere. Anzi, molti come noi si sono sentiti più aquilani proprio dopo il terremoto, per la voglia di riscatto e di non perdere le proprie radici.

Il legame con Palazzo Margherita poi è molto particolare. Il Palazzo – oggi sede del Comune – prende il nome dalla regina Margherita d’Austria ed è anche un prezioso monumento architettonico. Proprio grazie alla loro Associazione creano una rete internazionale tra tutte le città dove Margherita ha lasciato il segno del suo passaggio. Palazzo Margherita – per loro profondi conoscitori della storia della città – è il cuore pulsante della comunità che ricomincia finalmente a battere.

La scelta di tornare

Non solo Storia, architettura e cultura. Anche l’odore del caffè che esce dai bar al mattino dà la sensazione che la città sia viva. I negozi e gli uffici che riaprono, gli studenti tornano a frequentare i locali cittadini e tanti turisti: oggi L’Aquila è una città piena di vita.

E per chi vive il centro storico o per chi è di passaggio, un profumo molto invitante è quello che proviene dalla pasticceria di Barbara, che – appena ventiquattrenne e a pochi mesi dall’apertura di Brió, la nuova patisserie e sala da thé nel cuore del centro storico – è già nella guida del Gambero Rosso “Pasticceri e Pasticcerie d’Italia 2024”.

Nel 2009 Barbara aveva solo 10 anni, ma il ricordo del terremoto è molto forte. Quella notte sua madre l’aveva fatta dormire nel lettone e per lei è stata una fortuna visto che se fosse rimasta nella sua stanza sarebbe rimasta bloccata, dopo la scossa, dalla caduta di un armadio.

Sua madre lavora per le ONG, viaggia molto e Barbara con lei. Frequenta le scuole medie e i primi anni del liceo in Colombia, poi la famiglia si sposta di nuovo in Perù. Barbara passa anche un periodo in Canada da sola, per studiare l’Inglese. Poi ancora tappa in Francia, dove frequenta l’Università fino alla laurea in Pasticceria classica francese presso l’Ecole Ducasse. Dopo 11 lunghi anni, mentre sua madre vive tra Zambia e Olanda, Barbara decide di tornare a L’Aquila.

Le mie radici sono a L’Aquila, la mia famiglia, tutti i miei cugini sono qui. Nonostante in tanti mi sconsigliassero di avviare un’impresa in una città ferita io ho creduto nel mio sogno. Non stavo aprendo una pasticceria in una città ferita ma piuttosto in una città viva, che sta rinascendo.

Certo tornare all’Aquila è stata una scelta coraggiosa, oltretutto con una pasticceria francese, quindi lontana dal gusto aquilano molto tradizionale. Il bancone è pieno di invitanti croissant, golosi pain au chocolate e piccole tarte preparate con cura dalle mani esperte di Barbara e per accompagnare l’ora del tè coloratissimi macaron e deliziose madeleine. La sala da tè è un luogo di incontri letterari e musicali ed è incastonata in una accogliente e verde piazzetta nel cuore dell’Aquila tra palazzi carichi di una storia secolare, ritornati a splendere grazie all’opera di ricostruzione del centro storico.

Ricostruire

Artefici materiali della rinascita del centro storico sono gli ingegneri, i restauratori e tutti gli operai del più grande cantiere d’Europa. Sono anche tra i primi ad entrare nella zona rossa – quando è arrivato il momento della ricostruzione – animati dalla volontà di far rinascere L’Aquila, se possibile, perfino più bella di prima.

La stessa volontà che Lorenzo ed Anna, una coppia di ingegneri uniti nel lavoro e nella vita, mettono ancora oggi nel ricostruire, pazientemente, e nell’insegnare le tecniche innovative utilizzate a L’Aquila per salvare e mettere in sicurezza capolavori quali la Basilica di Collemaggio.

Proprio a Collemaggio è accaduta una cosa inaspettata, è stato proprio il terremoto, infatti, a riportare alla luce un antico affresco, posto dietro l’altare. Il sisma ha completamente distrutto la magnifica cupola ma, come per scusarsi, ha scostato il velo del tempo svelando un capolavoro nascosto.
Per il loro lavoro, Lorenzo e Anna hanno avuto modo di scovare tantissimi tesori nascosti come questo, frutto di secoli di stratificazioni storiche, poi svelate in un istante.

Ancora oggi, girato l’angolo del rinnovato Corso Vittorio Emanuele, si incontrano le ferite aperte del sisma. Ma c’è la consapevolezza che tutto, col tempo, è destinato a rifiorire. Come la Torre Civica che troneggia su Palazzo Margherita, sin dalla fondazione della città.

La casa di tutti i cittadini

È proprio il Sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, a sottolineare il valore non solo storico e architettonico, ma anche simbolico ed evocativo, del Palazzo, perché è la casa di tutti i cittadini. Qui, infatti, ha sede il Consiglio Comunale.

L’Aquila è una città che cambia in continuazione, una città viva e in fermento di cantieri, di idee, di iniziative. Il terremoto non è riuscito a cancellare la comunità, perché L’Aquila ha saputo reagire.

Palazzo Margherita, Casa Comunale di tutti gli Aquilani venne gravemente danneggiato dal sisma dell’aprile del 2009. Al recupero e alla ristrutturazione di Palazzo Margherita hanno contribuito le Banche di Credito Cooperativo, le Casse Rurali, le casse Raiffeisen di tutta Italia insieme ai loro soci, dipendenti, clienti con oltre 10 mila donazioni. Un contributo straordinario è stato offerto dalla BCC di Roma che a L’Aquila ha tre proprie filiali.

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