Dalle mie parti, quando si dice pane, si dice “Chiaserna”.

Siamo ai piedi del Catria, la grande montagna verde – cantata da Dante nel Canto ventunesimo del Paradiso – che sovrasta Cantiano e custodisce il monastero di Fonte Avellana, nel territorio compreso nei comuni di Cagli, Cantiano, Frontone e Serra Sant’Abbondio, in provincia di Pesaro e Urbino, e del comune di Scheggia e Pascelupo, in provincia di Perugia.

Qui c’è un posto che offre un ristoro ai tanti visitatori che, soprattutto durante l’estate, si avventurano per una passeggiata nella natura nei vari sentieri escursionistici che da questo punto si diramano.

Il profumo del pane appena sfornato invita alla sosta.

È un posto che, qui, tutti noi conosciamo da sempre, e chi invece ci si imbatte per caso fa in modo di tornarvi ogni volta che può. È il Forno K2, una vera e propria istituzione da queste parti dal 1956.

I tavolini all’aperto del forno, fin dal mattino, sono affollati di persone. C’è chi viene a fare colazione, chi si ferma per la merenda e ne approfitta per comprare un “filone” di pane fresco.

C’è anche chi sale fin quassù una volta alla settimana apposta per comprare questo pane che resta fragrante fino all’acquisto successivo. Una qualità apprezzata fino alla costa adriatica: prova ne sono le numerose comitive che la domenica pomeriggio prendono d’assalto il K2.

Il segreto di questa bontà è custodito da Fernando e dalla sua famiglia. Ed è proprio da lui che oggi sto andando a farmi fare un bel panino da portare con me, lungo il cammino che mi condurrà alla prossima tappa del festival RisorgiMarche.

Due vette

Il Forno K2 prende il suo nome dalla spedizione alpinistica italiana di Compagnoni, Lancedelli e Bonatti che nel 1954 scalarono, per primi, la seconda vetta più alta del mondo. All’epoca dell’apertura era un evento già entrato nella leggenda e quindi, con ogni probabilità il nome K2 fu affibbiato al forno da un signore del posto che aveva messo in relazione il monte Catria che sovrasta Chiaserna e il forno, con la ben più famosa vetta.

Quando la famiglia Romitelli nel 1956 accende per la prima volta il forno a legna del K2, sancisce di fatto l’inizio del pane di Chiaserna e della panificazione di tutto il territorio comunale.

Fernando e sua sorella sono gli ultimi ad aver raccolto l’eredità del K2. Un’eredità sicuramente faticosa come lo è la vita del fornaio, che inizia a lavorare alle 3 di notte, d’estate con il caldo e d’inverno con il freddo. Ma si lavora con la consapevolezza e l’orgoglio di portare avanti una tradizione e una storia importante anche per poter costruire un futuro per il territorio.

RITA e Fernando

Il bancone del K2 è colmo di tentazioni alle quali è impossibile resistere: pane (chilo e mezzo chilo), pizze, focacce, dolci esposti sono tutti uniti da un comune denominatore. La tradizione e la memoria di ricette che si tramandano nel tempo.

Ma c’è di più. Ogni morso di pane racchiude in sé tutta la storia del panificio: perché per farlo ogni giorno si usa il lievito madre del pane del giorno prima. Il lievito madre è uno dei quattro elementi essenziali di questo pane, l’altro è l’acqua pura che sgorga dal Catria, il terzo ovviamente è la farina di altissima qualità e il quarto è la cottura nel forno a legna. Anche il tipo di legname, utilizzato per riscaldare il forno, dona al pane il suo sapore particolare.

Rita accoglie gli avventori col sorriso e con i suoi compaesani scambia qualche chiacchiera, come è giusto che sia nella vita di paese. Proprio come lei il locale ha un’aspetto familiare e accogliente, ben diverso dal laboratorio dove “dietro le quinte” Fernando crea la vera magia impastando il suo prezioso lievito madre e sfornando pagnotte dal forno al legna. Qui l’ambiente è molto più ampio ma anche austero e sulle bocche dei tre forni a legna troneggiano le insegne a mosaico che recitano: “Forno a legna K2 dal 1956”.

La filiera del pane di Chiaserna

Il nostro mercato è prettamente locale – mi spiega Fernando – ma è anche parte di un importante progetto di filiera corta che vede lavorare in sinergia i produttori locali del grano, il mulino di Cantiano che lo macina creando una farina incredibilmente sana e buona, e infine noi che lo trasformiamo in pane.

Il progetto crea un rapporto diretto tra produttori agricoli e panificatori all’interno del Comune di Cantiano, permettendo così di evitare le intermediazioni della grande distribuzione, arrivando ad una transazione finanziaria che sia economicamente vantaggiosa per entrambe le parti della filiera.

E per un territorio come questo la filiera è di vitale importanza per preservare questo esempio di artigianato gastronomico che altrimenti andrebbe dimenticato in favore di alternative più industrializzate, e perché no, attraverso il marchio di filiera, contribuire a creare un turismo, certamente slow e sostenibile, capace di attrarre sempre più persone in cerca di esperienze, anche culinarie, assolutamente genuine.

Stefania è una giovane dipendente della BCC di Pergola e Corinaldo

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