Riflettere sulle possibili risposte da mettere in campo per far fronte a tutti quei cambianti e quelle necessità che la pandemia ha creato, confermando il protagonismo dei soggetti dell’economia civile quali realtà generative in termini di produzione di valore per le comunità e i territori.

Questa la sfida della XX edizione de “Le Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile” che si è aperta oggi e che quest’anno si è trasformata, diventando GDB2020 Digital Edition, un’edizione speciale, aperta a tutti e in diretta streaming a causa dell’emergenza sanitaria.

Un’emergenza, quella determinata dal Covid, che secondo Gianfranco Marzocchi, Presidente AICCON, impone nuove responsabilità al “mondo del terzo settore e dell’economia sociale”.

Paolo Venturi, Direttore AICCON (fonte: Giornate di Bertinoro – Foto di Juan Martin Baigorria di Sunset Comunicazione.)

“Questo particolare momento – ha detto Paolo Venturi, Direttore AICCON – impone l’esigenza di “ri-attivare” percorsi di sviluppo a prova di futuro, percorsi pragmatici e trasformativi. Molto probabilmente stiamo iniziando una lunga “fase di transizione”, un momento privilegiato per sperimentare soluzioni innovative capaci di “resistere” al tempo e di proporsi come prototipi di un nuovo welfare e di una nuova economia più inclusiva”.

Il ruolo trasformativo del terzo pilastro nella “societa’ del rischio”

Raghuram Rajan, Professor of Finance at University of Chicago, Booth School of Business

“All’interno della visione tradizionale della società liberale il rispetto dei contratti e la protezione dei diritti di proprietà sono gli unici due pilastri davvero necessari per il corretto funzionamento del sistema. Ma questa visione trascura l’importantissimo Terzo Pilastro, ossia la comunità e le diverse organizzazioni della società civile”.

A dirlo è Raghuram Rajan, Professor of Finance at University of Chicago, Booth School of Business nel suo intervento di apertura della prima giornata delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile.

“Quando questo accade – ha aggiunto -, la maggior parte della popolazione supporta il sistema. In una certa misura, il malessere, l’insoddisfazione nel sistema esiste perché la comunità si è indebolita rispetto al ruolo del mercato e dello Stato, lasciando un vuoto che deve essere colmato se vogliamo essere nuovamente soddisfatti di una società liberale.

La rivoluzione digitale

Secondo Rajan “la rivoluzione digitale ha cambiato anche il settore pubblico. Man mano che i mercati diventano più integrati, allo stesso modo le politiche di governance sono aumentate”. “In passato esistevano le banche comunitarie. I requisiti patrimoniali delle banche erano accettati a livello locale e tutte le normative bancarie si sviluppavano a livello locale. Successivamente le banche sono diventate nazionali e la regolamentazione bancaria è diventata nazionale”. Oggi le banche agiscono a livello internazionale. E allora, dove si definiscono la maggior parte dei regolamenti bancari? In genere, si discutono a porte chiuse tra le banche centrali e poi quei regolamenti definiti si applicano al resto del mondo. Quindi, in quel senso, la regolamentazione bancaria è traslata sempre più dal livello locale a quello nazionale fino al sovranazionale”.

Una comunità si è indebolita, privata di potere

“Come risultato di entrambi questi fattori – ha detto – oltre alla globalizzazione e all’automazione, la rivoluzione digitale ha sconvolto la comunità. Perché, in primo luogo, le attività economiche si sono disconnesse dalla comunità e quando l’attività economica si disconnette dalla comunità inizia la disgregazione sociale. Tutto questo tende ad indebolire le istituzioni locali, come le scuole e i college. La comunità, quindi, si è indebolita. Perché è stata colpita duramente; è stata privata del potere. Tutto ciò indica che se si vuole cambiare in meglio è necessario concentrarci sul miglioramento della qualità dei singoli luoghi”. “Non è possibile – secondo Rajan – concentrarsi solamente sul PIL del paese, perché il PIL del paese e la sua crescita non è qualcosa che è in grado di evidenziare le caratteristiche di ogni individuo all’interno della singola comunità”.

Ricostruiamo la società, partiamo dal localismo

Cosa fare dunque? Secondo Rajan bisogna “riportare l’asticella indietro, passando dall’internazionale al locale. Dobbiamo alimentare i trattati globali sull’impresa, sulla proprietà intellettuale”. “Tuttavia, molte più decisioni devono essere prese a livello nazionale, e ho chiamato questa “sovranità responsabile”. Quindi, la prima cosa da fare è riportare il “processo decisionale “verso il basso”; la seconda è che l’attività economica deve essere resa maggiormente “diffusa” – e la buona notizia dalla pandemia da COVID-19 è che ciò è possibile”. Secondo Rajan “se possiamo abbassare l’asticella, se è possibile allargare l’attività economica, possiamo incrementare il senso di localismo. Il localismo è effettivamente necessario per salvare la globalizzazione e la cooperazione. Ma perchè questo accada è necessaria una leadership di comunità. E quella leadership può emergere più rapidamente se ci sono persone che sono impegnate, che hanno un lavoro, che sono tornate nelle comunità dopo gli studi. “Anche se non cambia nulla – ha concluso -, questo dà alle persone la sensazione di poter affrontare una globalizzazione altrimenti anonima e le stesse trasformazioni tecnologiche. Dà alle persone un senso di coinvolgimento che di per sé è molto importante. Significa anche che la comunità può anche essere il luogo in cui risiedono i lavori del futuro. Ma penso che il localismo, se non si sviluppa in questo senso, in sé non sia sufficiente. Deve essere inclusivo”.

Il non profit continua a crescere

Presentati i nuovi dati Istat sul settore non profit in Italia

Nel 2018, le istituzioni non profit attive in Italia erano 359.574 e, complessivamente, impiegavano 853.476 dipendenti. Sono questi gli ultimi dati sul vasto mondo del Terzo Settore presentati a Bertinoro. Le istituzioni non profit aumentano con tassi di crescita medi annui sostanzialmente costanti nel tempo (intorno al 2%).

Rispetto al complesso delle imprese dell’industria e dei servizi – fa sapere l’Istat – l’incidenza delle istituzioni non profit continua ad aumentare, passando dal 5,8% del 2001 all’8,2% del 2018, diversamente dal peso dei dipendenti che rimane pressoché stabili Le istituzioni del Terzo Settore aumentano di più nel Mezzogiorno mentre i dipendenti diminuiscono nelle Isole.

Nel 2018, le istituzioni di settore sono cresciute ad un ritmo più sostenuto nelle Isole (+4,5%) e al Sud (+4,1%), in particolare, in Sardegna (8,9%), Puglia (7,8%), Calabria (6,8%) e Basilicata (3,8%) mentre il Molise è l’unica regione in cui si riducono.

Le BCC a sostegno della popolazione ucraina

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