Come integrare in modo coerente, realistico ed efficace tre filoni politico-istituzionali in materia di valorizzazione e sviluppo della dimensione sociale in Europa (mitigando o eliminando i rischi di social washing e di non adeguatezza della normativa in alcuni settori?) Vediamo gli elementi che sono alla base di questo trilemma: 1. il Piano di azione della Commissione europea sull’economia sociale (2021); 2. la Raccomandazione del Consiglio sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale (2023); 3. la futura tassonomia sociale dell’Unione europea (attesa, ma non per venuta).

L’ integrazione sapiente dei tre elementi – con il conseguente e necessario riverbero nelle normative settoriali, ad esempio nella normativa che disciplina le imprese bancarie e finanziarie (regole prudenziali dell’Unione bancaria) – è evidentemente indispensabile.

IL PIANO DI AZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA SULL’ECONOMIA SOCIALE

Partiamo dal primo elemento e soffermiamoci sul Piano di azione del 2021. Qui troviamo la definizione di economia sociale elaborata dalla Commissione Europea, nonostante le significative differenze che caratterizzano il mosaico sociale dei 27 Paesi membri: eterogeneità degli approcci culturali e dei fenomeni imprenditoriali e sociali, varietà dei rispettivi ordinamenti giuridici, diversità di sensibilità politiche. Dunque, secondo la Commissione UE, l’economia sociale include le imprese cooperative, le imprese mutualistiche, le fondazioni, le associazioni e le imprese sociali. Queste organizzazioni (secondo non pochi osservator i, veri e propri corpi intermedi) sono caratterizzate da tre comuni denominatori:

• il primato delle persone e del fine sociale e/o ambientale, rispetto al prof itto (al lucro individuale, diremmo in Italia);

• il reinvestimento della maggior parte degli utili per svolgere attività nell’interesse dei soci e dei clienti (“interesse collettivo “) o della società in generale (“interesse gen erale”). In Italia si potrebbe dire la destinazione della maggior par te degli utili a patrimonio indivisibile tra i soci;

• la governance democratica e/o partecipativa.

LA RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO SULLO SVILUPPO DELLE CONDIZIONI QUADRO DELL’ECONOMIA SOCIALE

Il secondo elemento è ricco e assai recente, la Raccomandazione (novembre 2023) che chiede ai Governi dei 27 Paesi di creare una cornice giuridica capace di incentivare lo sviluppo dell’economia sociale. Per permettere a quest’ultima di “sfruttare appieno le proprie potenzialità nel sostenere l’accesso al mercato del lavoro, l’inclusione sociale, lo sviluppo delle competenze, la coesione territoriale, la democrazia economica, la neutralità climatica e lo sviluppo economico sostenibile, è necessario un quadro favorevole. Poiché l’economia sociale può essere presente in tutti i settori economici ed è influenzata da politiche e disposizioni settoriali e orizzontali, tale quadro deve considerare le caratteristiche specifiche dell’economia sociale e gli ostacoli aggiuntivi che i soggetti dell’economia sociale incontrano nel loro sviluppo e che ne limitano la possibilità di operare accanto alle imprese tradizionali. I soggetti dell’economia sociale … necessitano di misure di sostegno e di contesti finanziari, amministrativi e giuridici favorevoli, che tengano in considerazione le caratteristi che specifiche dei loro modelli imprenditoriali per quanto riguarda la governance, la ripartizione degli utili, le condizioni di lavoro e l’impatto . (…)” (Considerando 16).

LA FUTURA TASSONOMIA SOCIALE DELL’UNIONE EUROPEA

Il terzo elemento, la terza gamba non c’è. Il dibattito europeo sulla tassonomia sociale si è arenato giusto due anni fa. Contrariamente infatti a quanto contenuto nel Regolamento 2020/852, che vincolava la Commissione a emanare un report circa l’opportunità di estendere la tassonomia ambientale anche alla sfera sociale entro due anni dalla pubblica zione del testo di legge in Gazzetta ufficiale dell’Unione (termine già ampiamente trascorso), tale provvedimento non è stato ancora definito e approvato. La tassonomia è in sostanza la classificazione comune per le attività economiche sostenibili: quindi un lessico comune e una definizione chiara di quali attività possono essere considerate sostenibili. Ad oggi l’unico e ultimo passaggio concreto fatto risulta essere la pubblicazione di una proposta da par te del gruppo di esperti (Platform on sustainable finance) che risale appunto al febbraio 2022 . Sulla base di tale conclusione, la Commissione UE dovrebbe dunque riaprire la discussione ed elaborare una proposta sulla base delle conclusioni del report del 2022 della Platforme decidere se introdurre la tassonomia sociale integrandola nella tassonomia ambientale già esistente oppure scrivere un Regolamento ad hoc anche per la tassonomia sociale (inserendo rimandi sul rispetto delle soglie minime di salvaguardia ambientali). Assunta questa decisione, la Commissione dovrebbe inviare la proposta di legge ai co-legislatori (Parlamento e Consiglio), aprendo l’iter legislativo ordinario.

Dunque, la discussione per la definizione della tassonomia sociale deve essere al più presto riaperta. Ci sono oggettivamente difficoltà di tipo metodologico e anche per tale ragione i lavori della Piattaforma di esperti sulla finanza sostenibile si sono arrenati. Non c’è omogeneità negli approcci adoperati per definire gli obiettivi sociali, come già rilevava il Comitato economico e sociale europeo (CESE) nel 2022 (Pare re 2022/C 486/03) e oggettivamente è assai difficile individuare criteri e metriche per individuare soglie e obiettivi: il livello di Co2, ad esempio, è misurabile per via strumentale in modo piuttosto preciso. L’ordinamento italiano è tra i più avanzati in materia di promozione sostanziale dell’economia sociale. Pensiamo al valore di ancoraggio espresso dall’art. 45 della Costituzione: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata (…). La legge ne promuove e favorisce l’incremento ….” . O alle pioneristiche norme sulle cooperative sociali (e più di recente a quelle sulle imprese sociali). Il Legislatore italiano (nazionale e regionale) potrà ulteriormente migliorare il quadro normativo dell’economia sociale entro il novembre 2025. Ma allo stesso tempo occorre che le Istituzioni europee – che risulteranno per due terzi (Par lamento e Commissione) rinnovate fra poche settimane – riaprano il “laboratorio” della tassonomia e mostrino coerenza di condotta. Il riconoscimento che il Consiglio ha raccomandato agli Stati Membri dovrebbe avvenire anche a livello di legislator i UE, a maggior ragione per tutti quei soggetti che operano in settori dell’economia nei quali le norme europee sono fonte primaria.

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