“L’Europa che serve ai cittadini europei e al mondo. Competitiva, inclusiva, cooperativa”. Questo il titolo della “Lectio cooperativa” tenuta da Enrico Letta, direttore della Paris School of International Affairs, durante l’Assemblea di Federcasse del 22 novembre 2019. Una tradizione, quella della “Lectio cooperativa”, che era stata inaugurata con l’Assemblea Federcasse dell’anno precedente con l’intervento della allora vice presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia (“Cooperazione e mutualità. La Costituzione come storia di popolo”).

Guarda la “Lectio Cooperativa” di Enrico Letta

IL PARADOSSO EUROPEO

“Dove va l’Europa?” con questa domanda Enrico Letta ha iniziato la sua riflessione richiamando il paradosso che sta vivendo l’Europa di oggi, ovvero il paradosso delle tre P. La prima “p” sta per pace: in Europa da 70 anni non si combattono più guerre. È il periodo più lungo nella storia dell’umanità. Allo stesso tempo nei Paesi europei la prosperità non è mai stata così elevata: la seconda “p” del paradosso sta per prosperità. Nonostante questo, in Europa non siamo mai stati così pessimisti, ed ecco la terza “p”. “Il nostro Paese – avverte Letta – è al vertice della classifica di pessimismo”.

Enrico Letta, direttore della Paris School of International Affairs durante la lectio cooperativa sull'Europa. — Enrico Letta, direttore della Paris School of International Affairs.

“Siamo in un clima di pessimismo diffuso e raccontato da tutti i sondaggi perchè da una parte abbiamo, in Italia e nel resto d’Europa, un’economia ferma e dall’altra viviamo in uno scenario economico e finanziario impensabile anni fa, con cinque anni consecutivi di tassi negativi e le banche che vedono ridotto il loro ruolo a semplici cassaforti”. Uno scenario che, sebbene inimmaginabile solo poco tempo fa, è reale e al quale ci stiamo adattando. “C’è un rovesciamento dei punti cardinali della bussola con cui abbiamo lavorato fino ad ora”. Ma il pessimismo del nostro Paese è peculiare. Secondo Letta è la mancanza di fiducia la chiave di tutto, come dimostrano i dati relativi ad un sondaggio dell’Ipsos, secondo cui il dato relativo alla fiducia in un decennio è crollato di 12 punti percentuali: dal 49% al 37%. “Non c’è un dato paragonabile in nessun altro Paese europeo”. Allo stesso tempo, “l’altro dato impressionante, tutto italiano – ha avvertito Letta – riguarda la disistima verso ciò che siamo, che non ha paragoni in Europa. Tanto che, chiedendo in un sondaggio la percezione dell’Italia riguardo al suo peso economico tra 200 Paesi del mondo, le risposte dei nostri concittadini hanno collocato il nostro Paese al 69° posto nella classifica mondiale, mentre realmente siamo tra l’ottavo e il nono posto, sempre comunque entro la top ten”.

EUROPA. IL CAMBIAMENTO: TECNOLOGICO, GEOGRAFICO E DEMOGRAFICO

“Credo che abbiamo preso il lato sbagliato del cambiamento che è in corso da anni a livello globale” ha affermato Letta. Un cambiamento innescato innanzitutto dalla tecnologia, che “sta modificando il senso profondo del rapporto tra la società, la politica, le regole e, infine, le cose che accadono”. “Fino a qualche tempo fa non avremmo nemmeno immaginato di dover riflettere su come il mondo dell’etica, del diritto e della sociologia si deve rapportare al fatto che oggi non abbiamo più un’identità, intesa come la nostra personalità contenuta all’interno del nostro corpo fisico. Un’identità ben chiara, che si sta sdoppiando in una seconda e in una terza identità: la prima siamo noi e la seconda è quella che ormai è contenuta nel nostro telefonino, diventato non solo uno strumento di lavoro ma, di fatto, una seconda identità, contenuta in un microchip fuori dal nostro corpo e totalmente fuori dal nostro controllo. Interrogando il nostro cellulare si sa tutto di noi. E dobbiamo fidarci che l’utilizzo dei nostri dati sia fatto responsabilmente. Mentre la terza identità sarà, tra qualche tempo non troppo lontano, la macchina che farà le cose al posto nostro”.

In questo senso, l’Unione europea può guidare il cambiamento attraverso la costruzione di un “umanesimo tecnologico”, che solo dall’Europa potrebbe avere origine, anche in base alla cultura giuridica che ne costituisce le fondamenta. “Noi europei siamo gli unici in grado di proporre e approvare regole per cui i dati personali siano riconosciuti come proprietà delle persone stesse e non delle aziende o dello Stato, come avviene rispettivamente in Usa e in Cina”. Il senso del cambiamento è anche geografico: “stiamo vivendo una fase di spostamento dei pesi del mondo, dalla centralità europea a quella asiatica, che ci riguarda direttamente” ed ha dei forti impatti sul sistema economico globale.

La terza prospettiva del cambiamento è demografica, perché – ha spiegato Letta – “se negli anni ‘60 noi europei rappresentavamo il 20% della popolazione mondiale, e il continente Africano solo il 6%, nel 2050 le proporzioni saranno esattamente invertite, in un mondo che però sarà passato da 3 a 10 miliardi di abitanti”. Dinamiche demografiche che si traducono soprattutto – nel nostro Paese – in un calo delle nascite che, se accompagnate da una non lungimirante attenzione al tema delle migrazioni ed alla difesa – insostenibile nel lungo periodo – dei diritti acquisiti, soprattutto sotto il profilo previdenziale, possono portare a quella che Letta definisce una “tempesta perfetta. Uno scenario dai contorni incerti che però presenta anche degli aspetti positivi: Letta ha evidenziato come negli ultimi 30 annisia cresciuta l’aspettativa di vita nel nostro Paese, che ha raggiunto la media di 85 anni, la più alta in Europea “segno che siamo il Paese dove ancora si vive meglio”.

CINQUE LEZIONI DALLA CRISI

“Dalla crisi finanziaria che abbiamo vissuto traggo cinque lezioni negative. La prima, è che ha innescato una galoppante finanziarizzazione dell’economia, che ha spostato l’asse dall’economia reale alla logica meramente finanziaria”. “L’eredità della crisi ha voluto dire, poi, uno spostamento della sovranità. Oggi in tutti i Paesi occidentali risuona una frase che ha fatto vincere la sciagurata scelta dei “brexiters” in Gran Bretagna, ed è lo slogan – straordinariamente efficace – “take back control”. Efficace perchè rappresenta l’aspirazione di ognuno di noi a riprendersi il controllo sulle cose essenziali della propria vita, e anche di tutti i Paesi occidentali, che si sono sentiti spossessati della sovranità”. Sovranità che sotto alcuni aspetti bisogna magari recuperare, “ma tutti insieme, perché in una dimensione globale come quella europea in cui viviamo, da soli non si va da nessuna parte”.

“L’altra lezione appresa riguarda la “spersonalizzazione” che mette in crisi ciò che siamo, ciò che facciamo, i valori nei quali crediamo, in pratica la nostra l’identità. E le BCC che operano sul territorio conoscono bene l’importanza della centralità della persona”. “Ancora, la disintermediazione, ovvero la crisi dei corpi intermedi che nell’ultimo decennio hanno avuto un ruolo drammaticamente marginale”. “Una società priva dei corpi intermedi è una società che non ha gli strumenti per farcela”. Infine, lo spopolamento dei territori. In particolare, Letta ha evidenziato il pericoloso nesso tra la smisurata crescita dei centri abitati, la contrazione delperimetro dello Stato e la riduzione dei servizi pubblici sui territori. Un fenomeno – diffuso non solo in Europa ma anche nel resto del mondo – che sta “disumanizzando le società e sta creando un meccanismo di alienazione”. La fine del presidio dei territori ha effetti non solo sulle persone ma anche sui territori stessi, “che non stiamo più vivendo, bensì abbandonando”, e nei confronti dei quali le BCC, banche di comunità, hanno un preciso ruolo. “Bisogna valorizzare quegli ottomila comuni che hanno la capacità di tenere unito il sistema. E le BCC sono parte della soluzione.”

LA NUOVA “NORMALITÀ”

L’Europa – ha proseguito Letta – ha bisogno pertanto di un nuovo slancio capace di guardare oltre l’immediato. È necessario cercare di vedere il cambiamento da un altro punto di vista – perché “non è vero che il cambiamento in corso sia per forza penalizzante nei nostri confronti. Vorrei estirpare alla radice questa idea che è profondamente presente nel nostro Paese: che il meglio sia alle nostre spalle e che il massimo che possiamo fare è frenare il declino”. “Il cambiamento in corso può essere moltiplicatore in positivo di caratteristiche tipicamente nostre. E voi ne siete la migliore dimostrazione per quello che rappresentate: il mondo cooperativo con una economia orizzontale e attenta ai territori”. Il cambiamento, secondo Letta, deve esistere anche nel nostro approccio alla “normalità”, che però è diversa da quella di ieri e da quella di oggi. “Domani la nuova normalità sarà la capacità di affontare cambiamenti (crisi) sempre più veloci, le nostre vite saranno sempre di più vite in cui avremo la necessità di adattarci, di essere flessibili”. Anche su questo l’Italia ha un vantaggio rispetto agli altri Paesi, in termini di capacità di adattamento, flessibilità e creatività.

LA RETE COME ANTIDOTO ALLE CRISI

Oltre alla flessibilità, un altro elemento necessario per vivere al meglio il cambiamento in atto è anche il decentramento, inteso come alternativo ai grandi centri, dove tutto si catalizza. C’è la necessità – ha sottolineato Letta – di “vivere in rete e il nostro Paese è cresciuto sulle capacità di fare rete. È la nostra caratteristica. Non a caso i Paesi che hanno centri abitati smisurati sono quelli in maggiori difficoltà”. Principale antidoto alle crisi è dunque la necessità di fare rete, di ricucire legami, di sviluppare idee nuove e creative. Caratteristiche che sono da sempre nel Dna del nostro Paese e anche punti di forza della cooperazione, e, in particolare della cooperazione di credito. L’Unione europea dovrebbe dunque essere un esempio di rete e di sussidiarietà, con tanti centri che dialogano tra loro.

EUROPA COMPETITIVA, INCLUSIVA, COOPERATIVA

L’Europa da costruire, ha detto ancora Letta, potrà e dovrà essere più “competitiva, inclusiva, cooperativa”. E questo vale anche per l’Italia, che per essere competitiva dovrà riacquistare una sua autorevolezza e riappropriarsi della leadership europea. Con “la consapevolezza che l’Europa esiste ed è forte anche grazie a noi”. Per favorire la competitività, un elemento imprescindibile è la promozione della sostenibilità ambientale e sociale. “È necessario ottenere regole europee su questi temi, che riconoscano la loro indispensabilità e il fatto che sostenibilità ambientale e sociale sono due elementi tra loro collegati e che vanno affrontati congiuntamente”. Per essere competitivi, inoltre, bisogna ridare slancio agli investimenti che negli anni della crisi sono mancati, non solo in Italia ma anche a livello europeo e “l’effetto lo stiamo pagando oggi”. Un altro punto cruciale è l’inclusività.

Un’Europa inclusiva vuol dire innanzitutto che non lasci indietro nessuno, anche sotto il profilo educativo. Da qui la proposta di rendere obbligatorio, per tutti i 16enni europei, indipendentemente dalle possibilità familiari, un periodo di studio all’estero, un Erasmus che dia la possibilità ai giovani di vivere appieno il concetto di Unione europea e di ricevere una formazione di ampio respiro e di alto livello. Inclusiva vuol dire anche capace di ridare equilibrio ai territori, contrastando lo spopolamento, tema sul quale “dovete essere ancora più protagonisti. È importante che i vostri presidi sui territori non solo rimangano, ma si arricchiscano di altri servizi fondamentali per la popolazione”. Per creare quello che Letta definisce un “effetto fiducia”.

Un’Europa che sia cooperativa, riscoprendo il valore del lavorare insieme per un vantaggio collettivo. In questo senso, ha detto ancora, la cooperazione rappresenta “il più moderno dei sistemi economici” perché ha esattamente in sé tutte quelle caratteristiche che possono ricucire legami sui territori, in un processo ormai evidente di ri-localizzazione in atto, in contrasto alle deformazioni della globalizzazione, ragionando in termini di capacità di genere valore per i territori. “Oggi ogni cittadino, ogni comunità locale, ha bisogno del legame con ciò che è profondamente legato ai valori del territorio”. “L’economia del futuro è l’economia della condivisione, la sharing economy. Immaginate quanto il vostro sistema, radicato in tutti gli angoli del Paese, potrebbe fare incrociandosi e agganciandosi a questa nuova dinamica”.

“Un’economia orizzontale che batte quella verticale. La bolla che ha causato la crisi era verticale, la rete è orizzontale e le banche di credito cooperativo sono orizzontali per definizione: reinvestono gli utili nell’azienda, nelle persone e nel territorio. Ed è ciò che oggi fa la differenza, rispetto a chi ha un atteggiamento predatorio. La forza dei vostri valori è un vantaggio che andrebbe maggiormente raccontato, in modo che la vostra differenza sia immediatamente percepibile”. Riguardo alle peculiarità del modello bancario cooperativo, Letta ha ribadito la necessità, da una parte, di rispettare e valorizzare il principio di proporzionalità e, dall’altra, di recepire e applicare Basilea 4 diversamente da quanto è avvenuto in passato. L’Europa, ha detto infine, “è costruita attorno al riconoscimento dell’economia sociale di mercato come elemento chiave di un’economia moderna, attenta al modo con il quale si fanno gli investimenti. Quando quell’economia sociale è stata messa da parte, ne abbiamo pagato tutti, pesantemente, le conseguenze”.

Il video iniziale dell’Assemblea di novembre 2019 di Federcasse.
Volare alto. Il ri-scatto della mutualità efficiente.

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