5 novembre 2022. Siamo arrivati a Quito. È la stagione più secca. Per la verità in Ecuador ci sono solo due stagioni. Quella secca e quella invernale, che è piovosa. Questa è quella secca. E piove. Effetti del cambiamento climatico che anche qui si sente. E incide. Incide sulle previsioni e sulla programmazione agricola. Incide su un’economia andina già provata da uno Stato che sta agendo nella direzione delle privatizzazioni. Situazione complessa. Qui si è poveri se hai a disposizione meno di due dollari e mezzo al giorno. Indigente meno di un dollaro.

Ti colpisce, non può colpirti la disparità di mezzi. Le differenze. Abbiamo iniziato il nostro percorso di avvicinamento alle comunità andine. Alle sette e mezzo siamo tutti sul pullman. In 40, da tutte le regioni di Italia. Attraversiamo la zona residenziale di Quito. Nelle macchine – sbircio dentro – hanno tutti il cellulare. Macchine pulite. Tanti SUV. Poi procediamo verso il nord, la zona cambia, le case cambiano, anche le strade cambiano. Do un occhio al nostro operatore, Nicolai, che ci seguirà lungo questo viaggio. Vive a Quito, mi sembra molto giovane, in realtà ha 29 anni. Porta con sé anche un drone. E dal pullman riprende la sua gente. Vorrei sapere cosa pensa. Domani glielo chiederò.

Con noi, per questo primo giorno, c’è anche Charrito Parra per fare fotografie. E’ la moglie di Julio Garcia, cileno, morto durante una manifestazione contro il governo di Gutierrez nel 2005 in Cile. Charrito sta adoperandosi perché riconoscano la morte del marito come un delitto di Stato. Lo fa per le loro due figlie, che studiano a Quito.

(Ecuador. Sguardo di bimba. Foto di Samuele Ramberti)

Bepi, il nostro Bepi, presidente di Codesarrollo, parla al microfono. Racconta. Non sono utopie le sue. Né paternalismo. Lo tacciano di essere “comunista”. “Lo sviluppo – ci dice – è una questione di cultura e di struttura”. E’ quello che fa da oltre 50 anni. La dignità delle persone, degli indio. Di questo parla, per questo si spende e ha speso la sua vita.

Lungo la strada tante piante di guarango, che in questa zona più secca si adatta e allarga le sue fronde. Pare un simbolo. Siamo arrivati a Cochasqui, al parco archeologico del Pichincha. Le strade per arrivarci sono frutto della minga, una parola quechua che significa “lavoro gratuito volontario per opere di beneficio comune”. A sinistra le Ande. Una visione più estesa. Siamo già a 2800. Arriveremo a 3100. Il cielo è pieno di falchi.

Coltivazioni di rose – la rosa ecuadoriana è bellissima – e un piccolo cimitero in costruzione. Una donna anziana ci cammina di fianco con tre pecore. È minuscola. Colpa della malnutrizione giovanile. Ora i nipoti sono tutti più alti dei propri nonni di 20 centimetri qui in Ecuador.

La guida del Parco si chiama Catalina. Ci sono 15 piramidi e 16 tombe della popolazione Carangui, che fino al 1550 d.c. ha vissuto in questi territori prima di essere spazzata via dagli Incas. Si narra che ci fu una battaglia talmente sanguinosa che la laguna di Yahuarcocha qui vicino si chiama così (yaguar vuol dire sangue) proprio a seguito di questo conflitto.

Verso Otavalo le grandi serre alla nostra destra. Danno lavoro, in media, a 12 persone per ettaro. A destra e sinistra i terreni sono stati tutti rilevati dai contadini con i prestiti del FEPP. Sono zone che prima degli anni ‘90 hanno visto grandi violenze a causa delle lotte per le terre. Ora queste terre sono state comprate dai contadini e producono il 300% in più di quanto producessero prima. Questo il senso della riforma agricola. Con l’acquisto della terra si assicura una nuova dignità alle famiglie e uno sviluppo della comunità e del territorio.

Davanti a noi il Lago san Pablo, Imbabura è la montagna alla nostra destra. Nella cultura andina questa montagna è mamma. Mamma Imbabura. Le passiamo di fronte e proseguiamo per Otavalo. Qui c’è uno dei mercati artigianali più grandi dell’America Latina. Centinaia e centinaia di famiglie vengono a vendere i propri prodotti. Otavalo è tanti colori. I colori delle donne dell’Ecuador, prevalentemente. Di frutta e verdura sconosciute a noi europei. Dei ponchi, dei cappelli e dei maglioni di alpaca.

Da qui riprendiamo la strada verso la valle del Chota. Sul pullman conosciamo Raul. Lavora da 30 anni con i campesinos del Nord come coordinatore del Gruppo Sociale FEPP per aiutare ad organizzare le cooperative. Grazie al loro lavoro – con Raul lavorano altre tre persone – il buono per lo sviluppo fondamentale per le donne arriva direttamente alle cooperative dove le donne vivono. Un importante servizio per le cooperative. “Più vicini siamo alle cooperative, più aumenta la loro fiducia. Lo Stato non vuole bene alle cooperative piccole. Una norma emanata lo scorso anno impone alle cooperative un capitale sociale di almeno 200 mila dollari. Impossibile per le cooperative rurali, è una norma – dice Raul – fatta apposta per eliminarle. Noi lavoriamo per loro, per interrompere il flusso dalle campagne alle città”.

Nella valle del Chota la popolazione è nera. Discendenti degli schiavi liberati. Si coltiva una canna da zucchero molto piccola, è una pianta perenne, verde chiaro, che ogni sei mesi viene raccolta. Da qui, solo 90 chilometri per arrivare in Colombia. Passiamo vicino a torrenti secchi. Siamo ancora in Imbabura. Sui fili della luce crescono piantine che vivono dell’aria (aerofile). A San Clemente il terreno comincia ad essere più arido. Il FEPP ha aiutato a installare l’irrigazione tecnica che sta aiutando la coltivazione dei campesinos. Qui ci sono coltivazioni di manghi, avocado, limoni, mandarini, arance e pesche e si allevano capre per il concime. Pare un’oasi in mezzo al deserto. “Abbiamo ottenuto fondi per finanziare otto ettari di irrigazione. Un tempo dovevamo svegliarci la notte perché l’acqua si disperdeva nei solchi”.

Il Presidente di Codesarrollo e fondatore del Fepp, Bepi Tonello.

Qui 168 donne lavorano con gli animali “minori” – galline conigli maiali – e sono entrate nella produzione di frutta e ortaggi. Con il loro lavoro garantiscono la sussistenza delle famiglie e hanno creato Producampo, organizzazione per gestire la vendita del surplus produttivo. Molte famiglie hanno accettato questa idea di produzione integrata. Si sono anche organizzate e hanno fondato una piccola cassa rurale che farà parte del Refider (la Rete finanziaria del Nord della Serra). Qui si costruiscono case e si mandano i figli a scuola. Non si pensa più ad andare in città. Ma i prodotti sono altamente deteriorabili e hanno urgente bisogno di attrezzature per la conservazione e di una gestione per la commercializzazione per far crescere il Mercato Centrale Contadino. Per questo progetto Emilbanca ha lanciato la campagna di crowdfunding https://www.ideaginger.it/progetti/dal-campo-al-mercato-le-donne-campesine-protagoniste-dell-economia-circolare.html#tab_progetto

Si tratta di una delle prime iniziative del più ampio progetto “Microfinanza Campesina – Crowdfunding per l’Ecuador” lanciato da Federcasse a sostegno delle attività del FEPP, una forma nuova e moderna per partecipare in forma cooperativa allo sviluppo della finanza popolare del paese andino.

Cesar è il presidente di questa organizzazione: “Sono 70 le famiglie che si dedicano all’allevamento di animali piccoli e piante da frutto e ortaggi. La sfida più grande è la commercializzazione, siamo sempre stati sfruttati dagli intermediari. Da 5 anni lavoriamo con il FEPP e abbiamo imparato a coltivare senza prodotti chimici. L’equità tra genere maschile e genere femminile e la fuga verso le città sono i nostri due focus.

Il nostro progetto è trasformare la materia prima e dare valore aggiunto ai prodotti. Vogliamo creare un banco comunitario che possa dare finanziamento ai contadini. Tutte le persone della comunità sono già iscritte a questo banco e abbiamo fatto richiesta di entrare in Refider”.

Gabriela è la dirigente della rete delle donne che lavorano con i criteri nuovi. Si chiama Sipas – sistema integrale di produzione agroecologico sostenibile. “Stiamo lavorando – dice Gabriela – ai problemi sociali e produttivi. Ci dedichiamo alla coltivazione di ortaggi e leguminose e all’allevamento di animali piccoli. Abbiamo tre commissioni: produttiva, commerciale e amministrativa. Il punto verde sono i luoghi della commercializzazione di prodotti di agricoltura biologica”.

“La Refider – lo racconta Lery Minda, presidente della Rete – lavora in tre province: Pichincha, Imbabura e Carchi. Nasce dai contadini che avevano bisogno di un braccio finanziario (Estructuras finanziarias locale). I soldi delle comunità devono rimanere nelle comunità per aiutare lo sviluppo locale. Sono gli stessi contadini e contadine che lavorano nelle casse.

E’ questo l’obiettivo della cassa rurale: volersi più bene, essere felici, vivere in pace.

E tutto questo si costruisce con il lavoro dei campesinos”.

Ecuador. L’altra “Mitad del Mundo”: Quito, seconda giornata

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