Le perduranti criticità economiche continuano ad ampliare i divari nel mondo, con squilibri territoriali, povertà, disparità di genere e iniquità generazionali che crescono. Il susseguirsi senza precedenti di crisi di varia tipologia non ha scalfito il benessere delle fasce sociali più abbienti, mentre ha drammaticamente peggiorato le condizioni economiche dei più poveri.

Davanti a questo scenario, cosa può fare l’industria bancaria? Ne parliamo nell’ultimo numero della rubrica “Punti e Spunti” pubblicata sul mensile Credito Cooperativo, a cura di Carmen Mazzilis del Servizio Analisi economiche e statistiche creditizie di Federcasse.

In tutto il pianeta – si legge – la disuguaglianza economica sta crescendo e la criticità del momento peggiora la situazione. Nel biennio 2020-2021 l’1% più ricco della popolazione mondiale ha visto crescere il valore dei propri patrimoni di 26 mila miliardi di dollari, pari al 63% dell’incremento complessivo della ricchezza netta dell’intero pianeta.

È quanto emerge da “La disuguaglianza non conosce crisi”, il nuovo rapporto pubblicato da Oxfam, organizzazione impegnata nella lotta alle disuguaglianze, in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos dello scorso gennaio. Stiamo probabilmente assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra, come ha recentemente sottolineato anche la Banca Mondiale nel rapporto “Poverty and Shared Prosperity: Correcting Course”.

POVERTA’, LA SITUAZIONE IN ITALIA

Alla situazione mondiale “fa eco” quella del nostro Paese dove le ultime stime disponibili, relative alla fine del 2021, evidenziano ampi squilibri nella distribuzione della ricchezza nazionale netta: il 20% più ricco degli italiani risulta detenere oltre 2/3 della ricchezza nazionale (68,6%); il successivo 20% è titolare del 17,5% di essa; e al 60% più povero degli italiani rimane solamente il 14% della ricchezza nazionale. A fronte di un’ulteriore crescita della ricchezza di chi già ricco lo era, nel 2021, permangono in condizione di povertà assoluta 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale dei nuclei familiari) e circa 5,6 milioni di individui (9,4% del totale della popolazione italiana). Un dato che probabilmente tenderà a peggiorare per effetto delle forti dinamiche inflattive che inesorabilmente pesano maggiormente sull’”anello debole” della nostra società, come sottolineato nell’ultimo rapporto della Caritas.

I nuovi poveri non sono solo profughi, immigrati stranieri, persone con problemi mentali o senzatetto, come forse semplicisticamente saremmo portati a credere: esiste una fascia borderline di famiglie che oscillano tra il dentro e il fuori lo stato di bisogno e per le quali una piccola spesa imprevista, dovuta magari a problemi di salute, a un rincaro imprevisto delle utenze o alla crescita inattesa della rata di mutuo, rischia di trasformarsi nell’anticamera di un profondo disagio socio-economico. La condizione di coloro che, pur lavorando, sono poveri (working poor) è aumentata dal 2006 in Italia e oggi riguarda più del 13% della forza lavoro.

LE BCC CONTRIBUISCONO ALLA RIDUZIONE DELLE DISUGUAGLIANZE

Quale ruolo possono svolgere la finanza e il credito per contribuire al miglioramento di queste condizioni? Nel contrasto alla povertà il sistema finanziario riveste un ruolo importante: gli individui poveri sono spesso tagliati fuori dai mercati del credito e più in generale da tutti i servizi finanziari che possono agevolare il ritorno ad una vita dignitosa. Sviluppare un circuito finanziario accessibile anche a individui e famiglie povere è una via per ridurre drasticamente l’incidenza della povertà e le sue conseguenze. La povertà, infatti, ha anche un impatto negativo sull’accesso all’istruzione e quindi sull’accumulazione di capitale umano, fattore chiave per lo sviluppo economico del Paese. La finanza mutualistica è un modello d’impresa ben connotato, con impatto economico e sociale misurabile. Ed ha una storia lunga.

In questi anni di crisi la letteratura economica ha ripreso interesse per il modo del tutto peculiare di “essere banca” che caratterizza il nostro mondo e numerosi studi recenti dimostrano che la presenza delle BCC nel panorama bancario genera crescita economica e progresso sociale e contribuisce alla riduzione delle disuguaglianze economiche.

Diversi studi dimostrano come la presenza delle BCC, banche di comunità e per la comunità, costituisca un fattore propulsivo allo sviluppo del capitale sociale, stimolando la fiducia e alimentando un meccanismo basato sulla reciprocità e sulla mutualità. Lo sviluppo di reti relazionali fatte di fiducia e valori civici condivisi è senza dubbio uno dei driver fondamentali nella lotta alla povertà.

Le BCC sembrano dunque contribuire alla riduzione delle disuguaglianze su due piani: uno propriamente “bancario”, concedendo fiducia e credito a chi abita nei territori, anche a chi potrebbe non essere considerato “finanziabile” dalle banche commerciali ma è parte della comunità, si conosce e si può accompagnare nel suo progetto imprenditoriale o di vita ed un secondo piano “socio-culturale”, contribuendo allo sviluppo di un network di condivisione, di fiducia e reciprocità che può costituire un importante viatico per la riduzione delle disparità e per la ripresa economica delle aree più svantaggiate.

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